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3 giugno 2010

Giornata favorevole e favolosa. Il chiarore entra prepotentemente nella stanza, annullando lo schermo delle tende. Mi sono addormentato tardi ieri sera, anzi questa mattina e dormirei volentieri ancora un po’ ma non resisto al richiamo della luce. Mi avvicino alla finestra e scosto la tenda. Il prato luccica per le goccioline di pioggia che riflettono la luce del sole. Dalla grondaia l’acqua cola ancora. Mi vesto con calma e comincio a caricare i bagagli sulla moto.
Guardo il cielo che promette sole e promette pioggia. Decido di rischiare e parto senza tuta impermeabile. Tengo però calzati gli stivali di gomma.

Le prime due ore trascorrono giocando a rimpiattino con le nubi che scaricano pioggia da ogni parte, davanti, a lato e dietro di me. La temperatura è bassa  però mi sento bene. Mi sto avvicinando a Prince George, l’ultima città della British Columbia che meriti di essere chiamata così.
Faccio rifornimento ogni volta che trovo un distributore, in media ogni 100 o 130 km. Se ne dovessi saltare uno potrei rischiare di rimanere a secco. Ho riempito per prudenza anche la tanichetta di scorta, come non facevo ormai da molto tempo.
Anche oggi pochi camions e molti camper. I boschi si susseguono ai boschi ed i laghi ai laghi. La ferrovia corre a lato della strada ed un lunghissimo treno merci mi fa compagnia per un lungo tratto. Mi verrebbe da fermarmi dopo ogni curva, quando lo sguardo si allarga su valli e montagne e laghetti incontevoli. Alcuni sono solo delle paludi e dall’acqua spuntano tronchi d’albero secchi e spogli. Nella trasparenza dell’acqua, ad ogni alito di vento si creano giochi di luce e magici riflessi. Spengo il motore e l’apparente silenzio della foresta torna a vivere del canto degli uccelli, del fruscio delle fronde, degli scrosci d’acqua del torrente che passa sottostrada. Non ho mai visto una pattuglia di polizia anzi, non ho mai visto un poliziotto. E le giubbe rosse ci saranno ancora? A cavallo? Spero proprio di riuscire a vederle, mi hanno sempre ispirato una gran simpatia. Considerato che fino ad ora non le ho viste, ne approfitto per tirare un po’ oltre al limite e guadagnare strada.
Il motore suona come un violino ed io, per la prima volta, sento il desiderio di musica. Infilo le cuffie sotto al casco ed avvio Beethoven, tutte le sinfonie, random!! Mi viene da cantare ma ho paura di spaventare l’alce. Si, perchè finalmente l’ho visto, l’alce! Magari per ora solo sul cartello stradale ma l’ho presa come una promessa. Ora l’alce va ad aggiungersi a tutto l’altro bestiario di cui ho visto le silhouettes sui cartelli stradali, a partire dal guanaco per passare poi alle rane, ai serpenti e persino al bradipo e alle iguana.

I paesi sono sempre più rari ed anche quando ne leggo il nome sulla carta, a volte sono solo 4 case. Alle 7 di sera ho percorso 400 km e mi fermo per far benzina. Chiedo se ci sono hotels nelle vicinanze ed il gestore mi informa che dovrei deviare di 30/40 km per trovare un paese e poi domattina ritornare a percorrerle per riprendere il cammino. In alternativa dovrei avanzare di altri 150 km sulla freeway. Ma c’è un passaggio tra le Rocky Mountains e ci vogliono più di 2 ore.
Parliamo del mio viaggio e dopo un po’ mi offre la disponibilità di una stanzetta nel suo campeggio. É uno steccone di prefabbricato uso cantiere di una cinquantina di metri di lunghezza, con docce e servizi in comune. É perfetto, non me lo faccio ripetere e pago senza nemmeno aver visitato la stanza. Mi prendo una bella doccia calda, mi vesto e salgo appena in tempo per ingurgitare l’ennesimo hamburgher prima che il “ristorante” chiuda. Qui non si mangia d’altro. Hamburgher così, hamburgher colà, in tutte le forme, con tutte le salse ma sempre dello stesso gusto. Povere le mucche che pascolavano lungo la starda, ecco la fine che faranno, hamburgher!!!!!
Ho anche capito perchè fanno tanti hamburgher, la carne è durissima e così praticamente la premasticano.
Da noi il mangiare è anche un piacere, qui si mangia per nutrirsi. Eh si, perchè dopo un po’ che si sta qui, si rimpiange perfino il “caldo de pollo” del sudamerica.
Riescono a mettere su tutto tali e tante spezie e salse che mi si è gonfiata la lingua e faccio fatica a deglutire. Ogni tanto sono costretto a ricorrere ad un ristorante cinese, il che è tutto dire, per cambiare regime e magari mangiare una zuppa.

Dal tavolo della sala da pranzo vedo il bosco. Il sole ne accende i colori e benchè siano già le nove di sera, ancora indora le rocce ed i prati ingialliti. Percorro ormai quasi 400 km al giorno verso nord ed ogni sera il tramonto si sposta più avanti. Stasera il cielo è stato chiaro fino alle 11,30.
Dopo cena mi sono seduto sotto al portico, davanti allo shop. Una volpe grigia mi si è avvicinata cautamente ed è venuta a mangiare dalla mia mano. Straordinario.

Il gestore dello shop mi ha raccontato storie d’orsi, di grizzly. Vivono in questa zona almeno 2 persone che hanno incontrato un grizzly e sfortunatamente non erano armate. Entrambe hanno il volto devastato dai morsi e dalle unghiate dell’animale. L’orso nero è cattivo, mi racconta, ma c’è qualche speranza di salvezza. Con il grizzly non c’e nulla da fare. Corre, si arrampica e nuota più veloce di te e se non hai un fucile, puoi solo accucciarti a terra e rimanere immobile, sperando che ti annusi, ti lecchi e se ne vada disgustato dalla tua puzza. E si, perchè nel frattempo chi riuscirebbe a trattenersi?
Nel negozio sono appesi in bella vista numerosi coltelli e pugnali. Me li faccio mostrare e rimango a maneggiarli per un po’, indeciso. Che possano mai essermi utili nei prossimi giorni?
Temo che più avanti diverrà difficile anche il collegamento via internet, come pure il reperimento di alloggio. É il prezzo da pagare per poter disporre di spazi enormi ed incontaminati e godere della generosità della natura.


Download itinerario del 3 giugno 2010 >> (per visualizzare il tour è necessario Google Earth)


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