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21 giugno 2010: arrivo!!!

Finitooooo!!!!!!!!! Oggi ho davvero finito il mio giretto. Sono arrivato a Vancouver ed ho già contattato lo spedizioniere. Domattina gli consegnerò l’hondina con tutte le raccomandazioni del caso. Il suo contachilometri ora segna + 38.000. Mica male per una giovincella di 22 anni.

Stasera mi sono voluto regalare un bel piattone di penne all’arrabbiata in un ristorante italiano, tanto per preparare lo stomaco…………….
Questo potrebbe essere l’ultimo diario della serie, in quanto da domani non sarò più in sella e non sarà più il caso di continuare a scrivere.
Anche l’assicurazione della moto è scaduta a mezzanotte di ieri e domani scadrà quella personale. Tutto alla perfezione, secondo programma.

Approfitto pertanto per ringraziare chi ha avuto la voglia e la pazienza di seguirmi e leggermi in questi quattro lunghissimi mesi di vagabondaggio. Ancora di più coloro che mi hanno scritto e sostenuto moralmente. Non sempre è stato facile, infatti. Ringrazio anche coloro che avrebbero voluto scrivere ma non lo hanno fatto per mille ragioni. Grazie, grazie di cuore a tutti.


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20 giugno 2010

Sono ormai a soli 400 chilometri da Vancouver, meta finale e definitiva di questo lungo viaggio. Oggi ho girato i 37.000 km percorsi e con domani saranno 38.000. Questi ultimi 4000 non erano previsti ma il gioco vale la candela. Sempre splendida la mia hondina che continua a farsi fotografare, civettuola. In diversi mi hanno anche chiesto se la vendo. Naturalmente no, ho risposto io, non la lascerei per nessun motivo, ormai siamo un tutt’uno, io e lei.

Oggi mi sono nuovamente innervosito al distributore (in più di uno, visto che faccio il pieno almeno 6 volte al giorno). Già mi dà un fastidio enorme dover pagare prima ma questo vale anche per l’albergo e per molti di quei posti dove si mangia quasi in piedi, come i cavalli, ma poi ci si mettono anche gli addetti che non fanno certo dell’elasticità mentale una virtù. Lo scrivo a beneficio di chi non conoscesse le abitudini locali e delle zone limitrofe e dovesse trovarsi a far benzina. Arrivo alla pompa e posteggio la moto sul cavalletto. Levo la borsa dal serbatoio e tolgo il tappo. A questo punto verrebbe naturale sollevare la pistola e rifornire. E no, qui non funziona così. Qui prima bisogna pagare. E va bene, allora paghiamo. Sulla pompa c’è quasi sempre in bella mostra l’adesivo di molti tipi di Carte di Credito. Infilo dunque la Carta di Credito e aspetto. A volte funziona (raramente) a volte invece appare una scritta sul monitor per dirti che hai bisogno dell’assistenza del cassiere. Allora entro e spiego che la Visa non funziona. Nessun problema, mi dice il cassiere, facciamo qui. “Quanta benzina metterà?” – mi chiede. “Mah – dico io – non lo so: esco, faccio il pieno e poi torno per il pagamento con la Carta.” – “No, non è previsto, deve dirmi prima quanta benzina metterà” – mi risponde “l’elastico”. “Vabbè, ho capito, ecco 20 dollari USA. Con questi va bene?” – “Si, ok, puoi procedere” – mi conferma l’allievo preferito di Einstein. Esco e riempio il serbatoio. Spero sempre di poter pagare con la Visa che ho lasciato sul bancone in ostaggio assieme ai 20 dollari USA, perchè i dollari in contanti mi servono. Rientro e tento furbescamente di riappropriarmi dei dollari che nel frattempo sono spariti nelle fameliche casse del gestore. “Eh no, non è previsto: lei ha pagato con i dollari e ormai non si può fare nulla.” Insisto!! Seccato/a (maschio o femmina sempre la stessa testa hanno) mi ridà 20 dollari canadesi e si accinge a tentare una complicata operazione di alta finanza, ovvero stornare i contanti e procedere con il pagamento con CC. Nel frattempo dietro a me si è creata una fila lunghissima. “Senta – provo a chiedere – “perchè non mi ridà i 20 dollari USA che le ho dato, invece che 20 dollari  canadesi?” – A questo punto va in crisi, borbotta qualcosa che non comprendo e sbaglia anche l’operazione con la Carta di Credito. La Carta viene rifiutata (succede spesso) e trionfante mi dice “Vede che non funziona?” – “Riprova, somaro!” – gli ribatto, e al secondo tentativo la Visa funziona. Credo che sarà in confusione per il resto della giornata. Non c’è nulla da fare, se escono dalle procedure standard vanno in crisi.

L’altro giorno, ad Anchorage, volevo far benzina ed anche controllare la pressione delle gomme. Chiedo prima di tutto se hanno l’aria compressa. “Si – mi risponde la tipa – mi dia una ID (documento identificativo). Mamma mia – penso io – è una poliziotta!!! “No, no – mi dice – serve per garanzia, perchè non ti porti via la canna dell’aria.” Capito!!
Le porgo la Visa che ho in mano e che ritengo sufficente come garanzia per ottenere in prestito una canna di gomma. “No – mi risponde – la Carta di credito non va bene, le ho chiesto una ID.” – Insisto (ah, questi italiani rompiballe!!). Si consulta con una collega che la conforta: “Per questa volta andrà bene anche la Visa.” Si – dico io – anche perchè devo pure fare benzina. Esco con la canna dell’aria compressa sottobraccio (senza manometro perchè qui non si usa, si va ad orecchio) e mi avvio alla pompa dove ho posteggiato la moto. Impugno la pistola (quella della benzina malauguratamente) ma non succede nulla. Tento di richiamare l’attenzione dell’addetta che se ne frega altamente di me. Rimetto giù la pistola e rientro in bottega. “Scusi – dico dopo 5 minuti di attesa – la pompa non funziona!!”
“E no – dice lei -, prima deve pagare.”
“Ma se le ho lasciato la Visa – rispondo io. “No – mi dice l’arpia – la Visa vale per la canna dell’aria, la benzina invece la devi pagare prima.”
“Ma c…….. – dico io – ma siete proprio scemi?????”
Comunque non c’è stato niente da fare. Prima paghi, con dollari sonanti o, se vuoi usare la Visa, dichiari quanta benzina ti serve, oppure ti fotti. Così’ va la vita, da queste parti………………….


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19 giugno 2010

Oggi finalmente sono riuscito a vedere tutto lo zoo. É stata proprio una giornata fortunata e fruttuosa. É anche vero che percorrendo tanta strada le probabilità aumentano, però di strada ne avevo fatta anche nelle settimane precedenti, ma con risultati più modesti. Si vede che oggi si è raccolto il comitato d’onore per porgermi i saluti. Una volta a Vancouver dovrò accontentarmi dei succedanei a due zampe.

Tralascio la cronaca dettagliata di ogni incontro perchè troppo lunga e sarebbe noiosa. Mi limito a raccontare dell’incontro con il BOSS della foresta, il Grizzly!!!
Allora, lui era là ed io ero qua. Ad un certo punto lui da là ha cominciato a venire verso qua ed io, con rapida nonchalanche, da qua mi sono rapidamente spostato più in là. Ho sbagliato? Voi cosa avreste fatto? Poco prima si era affacciato al finestrino di un’auto, mettendosi in piedi sulle zampe posteriori. Gli occupanti non avevano apprezzato e se l’erano filata di corsa. Io di finestrini non ne ho e se pensa di appoggiarsi mi rovina gli adesivi, pertanto………gambe!!!!! Dicono che sia piuttosto prepotente e rompiballe, meglio non approfondire.

E l’alce? Che meraviglia di bestia. Che fierezza, che andatura. Purtroppo ne ho visto anche uno morto, al lato della strada. E poi gli orsi, neri e chiari, i cavalli selvatici a mandrie, cervi a branchi, sheep (capre) di montagna e bisonti e caprioli e bufali. E poi, per chiudere il bestiario, mi son guardato nello specchietto retrovisore.

Ormai ho percorso molte miglia verso sud ed il clima sembra decisamente più mite. A causa del freddo patito ieri, mi ero fermato a WhiteHorse per comperare delle pastiglie scaldamani e scaldapiedi. Stamattina me le sono appiccicate ai calzini, ho indossato la calzamaglia e mi son messo subito la tuta impermeabile, anche se c’era già un po’ di sole. Ebbene, mi sono praticamente lessato. Ad un certo punto mi son dovuto fermare e togliere tutto. Spero che continui così.

L’altro aspetto della discesa rapida a sud è il fattore tramonto. Ormai sono a 4000 chilometri più a sud di Deadhorse e anche se ormai siamo alla vigilia del solstizio d’estate, quaggiù il sole tramonta alle 10,00. Domani, con altri mille chilometri persi, dovrò tenerne conto per evitare di trovarmi ancora per strada con il buio. Peccato però, non mi dispiaceva la giornata allungata.

Parlando di americani e di come sanno far soldi, non ho ancora scritto di quando ho trovato in vendita, in un negozio di Anchorage, la cacca di alce!!! Eh si, in confezioni di vetro trasparente piccole, medie e formato famiglia. Ce n’era per tutti i….. “gusti (?)”. Considerando l’arca di Noè che ho incontrato oggi, quassù ci sarebbe da fare una fortuna. Qualcuno ci pensi……………


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18 giugno 2010

Renato, l’amico brasiliano con cui abbiamo condiviso una buona parte del viaggio in Patagonia, mi chiede sempre se in Alaska fa freddo. Si sta preparando per andarci – fino a ieri avrei potuto dire di venirci ma ormai ho già passato il confine e sono nello Yukon – nel 2012. Ebbene, caro Renato, non solo fa freddo, ma anche un freddo bestia!!! Oggi sono partito con la pioggia. Quella piogerellina insistente, fastidiosa, che ti offusca la visiera, ti obbliga a mettere tuta impermeabile e stivali e rende scivolose le parti di strada non asfaltate. A questo proposito, oggi ho imparato una procedura nuova, che da noi sarebbe piuttosto difficile ed improbabile adottare. Va premesso che qui, in corrispondenza di tutti i cantieri stradali, è invalso l’uso del transito a senso alternato, al seguito di un’auto pilota, proprio come fanno gli aerei negli aeroporti. Ti fanno aspettare e poi tutti in fila dietro al “follow me”. Oggi però c’è stata una variante sul tema. Eravamo due motociclette ed alcune auto. Quando sono arrivato allo stop, la colonna era appena partita e si trovava ad appena 50 metri da me, ma non c’è stato verso di convincere l’addetto a lasciarmi andare, ormai avevo perso il turno. Il titolare della paletta bifacciale “Stop/Slow” mi ha spiegato che il terreno era scivoloso e pertanto avrei dovuto attendere il ritorno dell’auto “pilota”, farmi precedere da un’auto e seguire dall’ambulanza che si trovava posteggiata lì accanto. Questa procedura veniva adottata ogni qualvolta si presentava una motocicletta. Mi son sentito onorato per questa attenzione ma anche spaventato in attesa di scoprire quali diaboliche trappole mi avrebbe riservato quell’insidioso tratto di strada, altro che “Ruta 40″!!! Immagino quanto verrebbero a costare i lavori pubblici in Italia se a qualcuno venisse in mente di scimmiottare gli amici canadesi. Comunque qui “è la legge”, mi ha confermato il palettaro, tutto fiero e compunto. Beati loro che hanno soldi da spendere…….

Oggi mi son fatto quasi mille chilometri e con questa media potrei quasi arrivare domenica sera o al massimo lunedì mattina a Vancouver.
Mi sono già allontanato molto dal “profondo nord” e la sera si nota la differenza perchè qui, verso mezzanotte, il cielo è quasi scuro. Anche la temperatura, rispetto a questa mattina, è salita di una decina di gradi. D’altra parte con 950 km percorsi in giornata, è come se da Bolzano fossi arrivato a Santa Maria di Leuca. Una bella differenza di latitudine, no?


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17 giugno 2010

Niente da fare, la mia speranza di riuscire a raggiungere Vancouver via mare, godendomi anche dei paesaggi da un punto di osservazione decisamente marino, è rimasta delusa. Putroppo il primo ferry che parte da Haines (tra l’altro per arrivare ad Haines dovrei comunque percorrere 1200 km in moto) è previsto per il 21 giugno con arrivo nei pressi di Vancouver il 25 giugno, un venerdì. Troppo tardi. Venerdi poi vuol dire dover attendere lunedì. Il mio aereo per il rientro in Italia è già prenotato per fine mese. Non mi resta che rimontare in sella e chiedere un ulteriore ed imprevisto sforzo alla mia hondina che, poveretta, credeva già di aver finito. Altri 4.000 k da fare in 4/5 giorni. Meglio non perdere altro tempo. All’una parto e alle 11 sono già oltre la frontiera, in Canada. Ora mancano 700 km in meno, per arrivare Vancouver.


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16 giugno 2010

Stamattina l’ho dedicata alla mia hondina. L’ho lavata e stirata per bene. Se lo meritava proprio. Il resto del tempo l’ho dedicato alla ricerca di spedizionieri o studiando il modo migliore, in termini di tempo e di costo, per tornare a Vancouver dove sembra che il prezzo del trasporto della moto sia molto più conveniente di qua.

Verso sera ho fatto visita ad Italo, in ospedale, dove ho incontrato Ilario, un giovane italiano che sta girando l’America con una Vespa 200 cc del 1970. Per ora è partito da New York ed arrivato fino a qui, ma è sua intenzione scendere in centro e sud america, arrivando fino in Patagonia. E bravo Ilario, ti faccio i miei migliori auguri, hai spirito e coraggio. Sicuramente ce la farai!!! Metto i riferimente del tuo sito affinchè anche i miei amici possano conoscerti e diventare tuoi amici: “www.vespanda.com”. Bravo anche per la disponibilità e l’amore che hai messo nell’assistere Italo. La serata l’abbiamo trascorsa assieme, Ilario ed io, bevendoci prima una buona birra in un pub e poi raccontandoci di noi davanti ad una bistecca, nel centro di Anchorage.

Domattina dovrò assolutamente prendere una decisione per la spedizione della moto. Ormai il viaggio è finito ed è ora di tornare………

15 giugno 2010

Di oggi c’è poco da dire, solo pioggia ed un gran freddo per tutti i 400 chilometri percorsi per arrivare ad Anchorage. Dopo 8 ore di viaggio, la cosa più antipatica è la ricerca della sistemazione per la notte. Mi son messo a cercare un hotel da meno di 100 dollari ed ho perso 2 ore a visitare delle topaie immonde che in Italia i NAS, i ROS ma anche la Protezione Animali o la Lipu farebbero chiudere all’istante. Poi sono finito su un albergo “normale” ed ho pagato di conseguenza. Vabbe, qui è così.

In serata ho fatto visita al Italo, in ospedale. Italo è un motociclista italiano che stava facendo un giro molto simile al mio. Partito a settembre da Buenos Aires e sceso fino ad Ushuaia, aveva raggiunto Prudhoe Bay un giorno o due prima di me. Stava tornando verso Fairbanks ed è caduto. Lo hanno trovato a terra, privo di sensi. Ne avevo parlato, senza sapere che si trattasse di lui, nel mio diario dell’11 giugno in cui riportavo notizie trasmessemi da Mick, un amico irlandese che passando aveva assistito alle operazioni di soccorso. Purtroppo Italo è attualmente in un coma indotto e rimarrà così fino a recupero avvenuto delle funzioni vitali. La privacy qui negli states è davvero uno spauracchio per medici ed infermieri e nessuno di loro si è voluto sbottonare. Ho dovuto intuire ma da come l’ho visto, ritengo che possa venirne fuori presto e bene. Sicuramente è in buone mani. Spero anche che abbia una buona assicurazione…………

14 giugno 2010

Nemmeno oggi un Grizzly. Però, siccome me lo aspettavo, sono andato prima a farmi una discesa di rafting sul Nenana River. Bella esperienza che ancora mi mancava. Ora sono proprio in difficoltò per trovare qualcosa di nuovo ed eccitante da fare. La traversata del Polo Nord a cavallo? Mah, vedremo. Ho sempre la mia Praneta che mi aspetta all’ancora e so che scalpita.
Domani dovrei arrivare ad Anchorage e appena possibile mi recherò all’ospedale per salutare Italo.


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13 giugno 2010

Ormai sono diretto verso Anchorage, da dove spero di riuscire a spedire la moto in Italia. Anche stamattina sono partito con la pioggia ma dopo poca strada il cielo si è aperto ed è rimasto sereno per il resto della giornata.
Sono arrivato al Denali Park, che voglio visitare domani. Almeno lì dovrei riuscire a vedere un grizzly vero.


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12 giugno 2010

Devo essermi addormentato con il libro di Jack London, “White Fang” sul viso.
Il temporale di ieri sera è stato violento ed ha rovesciato sulla foresta una quantità d’acqua impressionante. Stamattina le strade erano piuttosto malandate, con rivoli d’acqua e pozzanghere ovunque. Nelle zone dove il fondo è argilloso, i camion che sono passati per tutta la notte hanno creato solchi profondi ed è difficile procedere senza pneumatici tassellati. Ho provato a rimanere sui lati, fuori dalle orme delle ruote ma è ancora peggio. Mancano comunque solo 100 km al fiume Yukon e da lì altri 230 per Fairbanks. Il cielo continua a gocciolare ed io sono bardato con tuta e stivali. Davanti a me si muove qualcosa. Rallento e mi avvicino cercando di far meno rumore possibile. Un branco di alci sta attraversando la strada e gli ultimi del gruppo stanno già sparendo alla vista. Quando arrivo alla loro altezza, vedo che stanno seguendo un sentiero che entra nel bosco e poi sfocia in una radura piuttosto ampia. Non posso perderli di vista. Un attimo di indecisione e poi devio sul sentiero entrando tra gli alberi. Il fondo è buono e non dovrei aver problemi a seguirli. Spero che si fermino a brucare l’erba della valletta e invece no, si girano a guardarmi e poi continuano ad inoltrarsi lungo il sentiero. Non sembrano spaventati, anzi, piuttosto curiosi. Alcuni di loro si girano, come per invitarmi a seguirli. La stradina scende verso un torrente e mi rendo conto troppo tardi che si è fatta stretta e scivolosa. Per di piu’ sono in leggera discesa. Mi fermo a pensare. Il fondo è sconnesso e non riesco nemmeno ad estrarre il cavalletto laterale. Provo a spingermi indietro ma scivolo. Non mi rimane che procedere con cautela e trovare uno slargo dove potermi girare. Gli alci intanto sono spariti. In che guaio mi sono cacciato! Procedo lungo una delle tracce, con le gambe pronte a trovare l’appoggio in caso di necessità. Sul fianco scorre un torrente carico d’acqua color caffelatte. Trascina con violenza dei massi che si sentono rotolare tra la schiuma biancastra. Attormo a me, oltre al rumore dell’acqua, non si sente altro. Procedo per qualche centinaio di metri ma non trovo nulla. Il sentiero s’è fatto pietraia e dopo una curva a gomito mi trovo davanti ad una frana che ancora scarica fango e pietre. Rimango immobile ed impotente a guardare mentre la marea di terra e acqua si allarga lentamente verso di me. In pochi secondi la ruota anteriore è avvinghiata dal fango e così i miei piedi. Tento di scendere ma incespico e cado pesantemente e la moto sopra di me. Mi libero con fatica e tento di riguadagnare la parte di sentiero ancora asciutta. Come alzo gli occhi vedo una sagoma pelosa che esce dal sottobosco, dall’altra parte della frana. Un grizzly!!
E adesso cosa faccio, dove vado? Si ferma e mi osserva. Devo rimanere calmo e forse se ne andrà. E invece si alza sulle zampe posteriori, spalanca una bocca enorme, rettangolare, nerissima ed emette un grugnito terrificante. Mi guardo attorno, disperatamente cerco di trovare qualcosa con cui difendermi ma non vedo nulla. Sono ancora imprigionato con i piedi nel fango. L’orso si limita a guardarmi e non si muove. Sto per lasciarmi andare al panico quando sento un latrato alle spalle ed una voce biascicata che dice – don’t worry, it’s a good boy-. Mi giro di scatto. Un vecchio ed un cane stanno venendo dalla mia parte, lungo il sentiero. Ehi, amico – grido io con la voce strozzata – corri, fai qualcosa. E mi rigiro per tener d’occhio l’animale. Il cane abbaia ma non sembra incattivito, il tono pare piuttosto festoso. L’uomo entra nel fango e mi viene vicino. – Non preoccuparti – mi ripete, è il vecchio Sim, è un amico, sta giocando. – Ma come – dico io, è un grizzly. Non so che fare, ma il vecchio sembra sicuro del fatto suo. Solo ora mi accorgo che ha la faccia sfregiata da una profonda cicatrice che gli corre dall’occhio sinistro fino alla bocca che quando parla si torce in una smorfia. Grida qualcosa all’orso che emettendo una sorte di grugnito si gira e se ne va. L’uomo entra nel fango e mi prende per le spalle strattonandomi per aiutarmi ad uscire. – Vieni – mi dice, – alla moto penseremo domani, ora segui me. Ti ho visto passare davanti alla mia casa e non ti ho più visto tornare. Sapevo che ti saresti messo nei guai. Qui la terra, dopo la pioggia, si muove sempre ed il sentiero è ormai chiuso da anni.-. Il cane viene ad annusarmi e mi fa capire che non gli dispiacerebbe una grattatina. Lo accontento e lui si struscia sulle mie gambe infangate e sembra soddisfatto. Il vecchio si chiama John e quando arriviamo alla sua capanna di tronchi d’albero, capisco che dev’essere qui da anni, a vivere come un eremita. Attorno alla casa si sono cataste di lattine di birra e bottiglie, un ceppo con un’ascia piantata e montagne di legna spaccata, pronta per l’accatastamento. Dal camino esce un filo di fumo e nell’aria si respira odore di bacon. Entriamo. Il pavimento è in terra battuta. Il cane, si chiama “Mu”, corre in un angolo, sopra ad un giaciglio di paglia secca. L’interno è buio e i tronchi sono anneriti dal fumo. L’aria è pesante ma non sgradevole. Su tutto aleggia il profumo della carne messa a rosolare al fuoco di un grande camino di pietra. Mi invita ad accomodarmi su una sedia ed a togliere i vestiti fradici ed infangati. Va al caminetto e scopre una grande pentola che non avevo ancora notato perchè si confondeva con il nero di fondo. Con un mestolo estrae una brodaglia che mette in un piatto e me la porge. Sembrano fagioli e cipolle, fumanti. – Mangia – mi dice – devi aver preso una bella paura e questo ti farà bene. Io ho già mangiato. E così dicendo si prende una sedia, la gira, e vi si siede a cavalcioni mettendosi sul lato del tavolo. E comincia a raccontarmi di quando è venuto qua in cerca di lavoro, come boscaiolo. Di quando aveva trovato qualche grammo di polvere d’oro nel torrente qua sotto e di quando aveva avuto quella zuffa, giù in paese ed aveva rimediato quella brutta ferita. Da quel momento non s’era più mosso da qui. – E l’orso? – gli chiedo. Sta per rispondermi ma odo un rumore ed apro gli occhi. Ma che brutto sogno……………


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